Ogni tanto, una lettura, un articolo, una discussione ma anche un film o un programma televisivo, agiscono su di noi come un catalizzatore e fanno precipitare idee e riflessioni rimaste sospese e magari confuse in un composto più solido e coerente.
Capita, specie ai giornalisti, di passare fasi concitate in cui l’incalzare della cronaca non fa a tempo a sedimentare, non si trova il bandolo della matassa dei giorni che passano ognuno con il suo “titolo” o con la sua polemica; la riflessione non trova spazio e i fatti restano appesi in attesa di essere classificati e compresi. Ma c’è sempre un momento – se si resta vigili – in cui scatta qualcosa e un’ipotesi di senso si fa strada.
A me è capitato leggendo l’ultimo libro di Gaetano Quagliariello, “La Persona, il Popolo, la Libertà – Cantagalli). Debbo ammettere dunque che ciò che si annunciava come un dovere d’amicizia si è rivelato un fenomeno un po’ più complesso. Ovviamente in questi casi non tutto il merito va all’ “agente catalizzatore”, occorre che i componenti siano quelli giusti, la temperatura, la densità, i pesi specifici devono corrispondere alla bisogna. Ma ciò non di meno, senza quella scossa o quella piccola aggiunta la miscela è destinata a rimanere inerte.
Provo in primo luogo ad elencare un po’ degli elementi che nelle settimane e mesi passati avevano attratto la mia attenzione ma che erano rimasti sospesi e scollegati sebbene intuissi che una lettura coerente fosse a portata di mano.
La politica è davvero solo casta, cricca o greppia? E’ possibile che tutto si riduca a rassegnarsi solo al meno peggio, specie quando il peggio è veramente molto molto brutto? Davvero l’unico rimedio a quello che il piatto della politica ci offre in questa temperie è solo l’inquisizione, la punizione, l’intercettazione, la carcerazione. Davvero una volta deciso che il legno storto dell’umanità non si raddrizza l’unica alternativa è un colpo d’ascia? E in mano a chi?
Inutile in questo contesto fare ricorso alla retorica della “buona politica” perché essa si riduce alle evanescenti prediche buoniste di un Walter Veltroni o alle filippiche sanguinarie e vendicatrici di Travaglio, Di Pietro e compagnia. E non ci si salva dalla casta con i buoni sentimenti, le belle canzoni e i pellegrinaggi in Africa, così come non si rimedia alle cricche con le i decreti anti-corruzione e con il maresciallo che tutto ascolta e tutto sbobina.
In questo perverso continuum che va dalla bbona politica veltroniana alla politica poliziesca di Travaglio c’è un punto per la politica e basta?
Pochi giorni prima di prendere in mano il libro di Quagliariello mi era caduto l’occhio su un passaggio del messaggio di Benedetto XVI al Pontifico Consiglio per i Laici lo scorso 21 maggio. Diceva così: “Bisogna recuperare e rinvigorire un’autentica sapienza politica; essere esigenti in ciò che riguarda la propria competenza; servirsi criticamente delle indagini delle scienze umane; affrontare la realtà in tutti i suoi aspetti, andando oltre ogni riduzionismo ideologico o pretesa utopica; mostrarsi aperti ad ogni vero dialogo e collaborazione, tenendo presente che la politica è anche una complessa arte di equilibrio tra ideali e interessi, ma senza mai dimenticare che il contributo dei cristiani è decisivo solo se l’intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà, chiave di giudizio e di trasformazione”. Riduzionismo ideologico, pretese utopiche, equilibrio, ideali, interessi: c’era dentro più o meno tutto quello che dicevamo appena più sopra. Ma lo dice il Papa, troppo facile.
Poi ho cominciato il libro di Quagliariello che rimescola e indossa questi temi fin dall’introduzione: “Chi immagina il proprio impegno come contributo al bene comune e non come esercizio narcisistico fine a se stesso, deve essere disponibile a sporcarsi le mani; non può tirarsi in dietro di fronte alla sgradevolezza di certe situazioni o alla rude essenzialità di taluni impegni. Ogni tanto però è bene fermarsi; guardarsi indietro e chiedersi se ciò che si è seminato ha dato frutti, se con la propria azione si è tracciata una linea che porta verso qualche destinazione (…)”.
Certo parlare di bene comune suona molto démodé però il termine si riscatta quando si riconosce che la politica non può essere sempre “buona” ma è anche sgradevole e ruvida e la conquista dell’equilibrio è dinamica, è la ricerca di una destinazione.
Quagliariello – ma d’ora in poi lo chiamerò Gaetano – in questo suo libro immagina possibile uno scambio. Come ci si salva dalla perdita di senso, dal farsi travolgere dalla quotidianità ruvida e sgradevole della politique politicienne e magari dal vortice del suo lato oscuro? Dove può trovarsi un deposito di senso, saldo nella tradizione ma reso vivo dalla testimonianza, se non nella bimillenaria saggezza della Chiesa e nella sua esperienza di tutto ciò che è umano. Sarebbe folle e suicida per la politica, per i politici, rinunciare ad affondare le mani in quella disponibile ricchezza per uno scrupolo laicista, per una prurigine illuminista. E non c’è nemmeno bisogno di credere per attingere a quel deposito. Si può – come suggeriva Pascal e come spesso chiede Papa Ratzinger – accettare di comportarsi come se Dio esistesse. Si può come Benedetto VXI immagina, accettare di entrare nel “cortile dei gentili”, quell’ambulacro del Tempio dove si fermano coloro che non hanno il dono della fede ma non temono la nostalgia di Dio e dove si celebra in libertà quel dialogo interiore tra credente e non credente che è inscritto nelle nostre coscienze, persino nelle più nere.
E il Tempio, la Chiesa, che vantaggio trae da questo ansioso rumoreggiare alla sua soglia, col rischio poi che si tratti dei soli e soliti mercanti?
Qualche giorno fa sono stato sorpreso da una notizia, o meglio dalla reazione a una notizia. Tutti i giornali riportavano con gran rilievo la scoperta di Craig Venter il quale era riuscito a creare una cellula vivente in laboratorio. Il tono dei commenti sulla stampa era molto cauto, quasi impaurito. Persino le testate più laiche e “scientiste” maneggiavano la notizia con evidente confusione: non sapevano cosa pensare. Tutti si aspettavano un grido di scandalo dalla Chiesa: avrebbe quello si aiutato a dire il contrario e a celebrare coraggiosamente la scoperta di Venter, come quando di cerca di lanciare un film sul mercato sostenendo che godrebbe della censura del Vaticano.
Invece il cardinale Angelo Bagnasco si è limitato a dire una sola cosa sommessa e questa sì coraggiosa: “Siamo di fronte a un ulteriore segno dell’intelligenza dell’uomo, dono di Dio per meglio comprendere e ordinare il creato”.
Ecco un segno dello scambio di cui parla Gaetano nel suo libro: la Chiesa ascolta. La Chiesta ascolta quel rumoreggiare alla sua soglia, lo interpreta, lo assimila e se ne nutre per tenere viva e attuale la sua parola. La Chiesa si fida dell’uomo e ha bisogno della vicinanza della cose umane e delle cose politiche per non diventare essa stessa troppo umana e troppo politica.
E infatti di scambio si parlava già nella Gaudium et Spes, richiamata da Benedetto all’inizio sua lettera al consiglio per i Laici: ”Allo scopo di accrescere tale scambio, oggi soprattutto, che i cambiamenti sono così rapidi e tanto vari i modi di pensare, la Chiesa ha bisogno particolare dell’apporto di coloro che, vivendo nel mondo, ne conoscono le diverse istituzioni e discipline e ne capiscono la mentalità, si tratti di credenti o di non credenti” (Gaudium et Spes 44).
Lo scambio tra cielo e terra è una chiave di lettura potente che Gaetano applica con efficacia a molti aspetti apparentemente insolubili della vita politica e di quella personale. E’ l’idea che possa esistere una Verità esterna al circuito umano che consente alla politica e ai politici di avere un fondamento elusivo ma suscettibile di continua ricerca. Senza di questo, ricorda l’autore, si rischia di accontentarsi del vacuo moraleggiare dei censori che spesso nasconde peccati peggiori di quelli che vuole estirpare. E magari di tralignare verso il furore giacobino o verso l’assoluto relativismo dei desideri e dei capricci. E senza il riferimento di una vita civile ricca e disposta alla verità e alla sua ricerca, la Chiesa stessa rischia farsi trascinare nel vuoto che ne deriva e di ridursi ad una agenzia morale tra le tante. Esito che non sono pochi a volere. Basterebbe ricordare con quanta foga si pretendeva una censura morale da parte della Chiesa contro Berlusconi e il cosidetto “velinismo” mentre con la stessa foga si pretende di impedire al magistero ecclesiastico di pronunciarsi sui temi della vita, della morte e in definitiva dell’anima.
Il libro di Gaetano porta però l’idea di scambio ad estendersi fino a quella di corrispondenza tra le sfere umane e celesti e semina una proposta che anche si inserisce molto bene nello spirito del tempo e ne aiuta la comprensione. Come la Chiesa anima e coltiva l’idea di un “cortile dei gentili” altrettanto dovrebbe fare la Politica che è il “tempio” della Cosa Pubblica. Alle soglie di quel luogo ove si celebra la supremazia del “bene pubblico”, i politici di diversa ispirazione, ma animati dalla stessa “nostalgia”, dovrebbero acconciarsi a costruire, tra le tentazioni dei mercanti e la luce di quella lontana ma viva ed esigente santità, le fondamenta di una nuova religione civile.
Gaetano Quagliariello, La Persona Il Popolo La Libertà – Per una nuova generazione di politici cristiani, Cantagalli (198 ppgg. 12 euro)
autore: Giancarlo Loquenzi
fonte: loccidentale.it