La versione attuale scaturisce dai lavori svolti nell’ambito dell’ultimo FORUM PA di Maggio 2009 i cui risultati sono stati riportati in un documento finale. L’insieme dei documenti prodotti dagli incontri andranno via via a costituire il Documento di Supporto in cui saranno approfonditi i diversi item del Manifesto che invece manterrà una dimensione snella e sintetica organizzata per punti.
1. Il ruolo della politica. Alla regia di un’amministrazione 2.0 c’è in primo luogo una classe politica capace di assumersi con coraggio la responsabilità delle scelte. Scelte politiche operate per tutti e portate avanti in un ambito di legalità, coerenza e trasparenza. Una classe dirigente in cui l’autorità è gestita in un’ottica di servizio e non solo di prescrizione, in cui le priorità della politica pubblica sono definite sulla base delle pratiche reali di ascolto dei bisogni e sulla conoscenza delle necessità di tutti i cittadini.
2. La dimensione organizzativa. Nella logica 2.0, la Pubblica Amministrazione cambia la propria organizzazione, le procedure e i processi in funzione di una relazionalità nuova e meno autoreferenziale. Il risultato si esprime in: back office integrati tra le diverse amministrazioni, sia in termini di circolazione delle informazioni e di definizione degli standard che rispetto al trattamento dei dati dei cittadini; l’adozione di metodi di lavoro interni più flessibili e improntati al miglioramento continuo, con l’introduzione di criteri di premialità significativi sia rispetto ai singoli che alle progettualità d’eccellenza; una comunicazione diretta tra PA e cittadini, di fatto priva di intermediazione e facilitata dall’utilizzo di strumenti di confronto diretto ed, infine, un nuovo concetto di cittadinanza in cui la partecipazione non è solo un diritto ma un dovere.
3. L’infrastruttura come diritto. L’accesso alla rete e, in particolare, alla banda larga deve essere facile ed economico senza distinzione di area geografica. La questione del Divide infrastrutturale va affrontato dalle pubbliche amministrazioni come un diritto ed è importante che queste rivestano un ruolo attivo per garantire l’accesso alla rete a cittadini, imprese e enti locali. Il che vuol dire sia creare un quadro normativo più adeguato al superamento del digitale divide, sia fare interventi, anche di natura economica, diretti in quei territori in cui le logiche di mercato non giustificano nuovi investimenti infrastrutturali da parte degli operatori di telecomunicazione.
4. Il superamento del divide culturale. Tra gli interventi necessari per l’evoluzione della PA verso le logiche 2.0 prioritario è sviluppare capillarmente, nei diversi strati di cittadinanza, la cultura digitale. In questo un ruolo di punta spetta ai comuni e alle amministrazioni più vicine ai cittadini. Per ciò che riguarda gli strumenti d’azione, diverse sono le proposte emerse: dalla formazione tradizionale agli eventi di sensibilizzazione, dalla FAD a azioni di accompagnamento all’innovazione.
5. Il coinvolgimento dei cittadini. Il concetto stesso di Amministrazione 2.0 porta con sé un massiccio intervento sulla partecipazione: il cittadino va educato a partecipare ai processi decisionali ma allo stesso tempo la PA deve apprendere i metodi e gli strumenti della partecipazione, sia essa telematica o meno. Non ha senso investire sulle tecnologie legate alla partecipazione se poi non si è in grado di gestirne le conseguenze. Così come non si può chiedere ai cittadini di prendere parte ad un processo, di mettersi n gioco, di esplicitare i propri bisogni e mettere in comune le proprie risorse e competenze se non si stabiliscono chiaramente gli obiettivi raggiungibili attraverso i percorsi di partecipazione. Non si tratta solo di trasmettere le competenze per utilizzare i servizi telematica, ma di concepire la cittadinanza digitale come un diritto e come un dovere. Inoltre, i cittadini hanno diritto di manifestare gli indici di gradimento sui servizi della Pubblica Amministrazione. Per fare ciò possono usare tutti i sistemi di valutazione che il web mette a loro disposizione. La Pubblica Amministrazione deve favorire il dialogo attraverso tutti i sistemi di interazione disponibili sul web (forum, commenti, ecc.).
6. La multicanalità come nuova opportunità. Offrire un servizio ”su misura” vuol dire anche poter individuare il canale più adatto a soddisfare le esigenze dei differenti segmenti di utenza. Gli strumenti web non possono essere considerati come unica via di comunicazione, al contrario è importante adottare un approccio multicanale che garantisca il raggiungimento dei diversi segmenti di cittadinanza, tutti i servizi e gli interventi vanno dunque progettati da parte delle PPAA tenendo al centro i cittadini 1.0 e tutti coloro che non sono utenti di internet. Senza perciò che ne risulti penalizzato l’approccio inclusivo e partecipativo.
7. Disintermediare per migliorare. Nello slittamento delle PPAA da una telematica “di vetrina” – informativa e unidirezionale – a un uso intensivo degli strumenti propri del web 2.0 – sociali e partecipati – è importante favorire una maggiore disintermediazione tra cittadini e PA e tra questa e i propri operatori. “Umanizzare” le funzioni diviene determinante, così come lo è anche l’accesso ai dati e alle informazioni. L’accesso al patrimonio informativo della PA è pubblico e , nel rispetto ovviamente delle norme sulla privacy, da questo semplice principio devono derivare le funzionalità evolute di interrogazione, trattamento, manipolazione dei dati messe a disposizione degli utenti. La grande novità del 2.0 sta proprio in questo: nella possibilità di combinazione, consultazione e rielaborazione di informazioni, servizi e contenuti della PA.
8. Ripartire dalla semantica dei contenuti della PA. La presentazione semantica delle informazioni, dei servizi e dei contenuti della Pubblica Amministrazione deve essere concertata con le comunità di utenti e disponibile alla “taggatura” (etichettatura individuale e di gruppo) per garantire una semplificazione e una sburocratizzazione dei termini e dei concetti. Il problema dell’autoreferenzialità della PA, è anche e soprattutto un problema di natura semantica, quindi bisogna agevolare i cittadini a costruire una PA più vicina ai loro bisogni, anche partendo dalla semantica.
9. Il software come fattore abilitante. Il software utilizzato nel pubblico deve essere aperto, realizzato in modalità partecipativa e la sua evoluzione, diffusione e implementazione deve essere condivisibile e trasferibile in atre amministrazioni pubbliche. In questo modo la PA si fa allo stesso tempo promotrice di una conoscenza libera, migliora i propri servizi perché lavora su buone prassi in un’ottica di riuso e miglioramento. Da una prospettiva più ampia basata su considerazioni di principio, attraverso l’adozione di software a codice aperto le Pubbliche Amministrazioni potranno beneficiare di una maggiore trasparenza, di una più ampia indipendenza dai fornitori, della possibilità di rimettere in circolo il software creato su misura, della possibilità di stimolare un circolo virtuoso di collaborazione tra Amministrazioni.
10. Favorire lo sviluppo di comunità attive. Va favorito lo sviluppo di comunità di utenti (social network) che aggregandosi attorno a temi e contenuti possano stimolare la Pubblica Amministrazione a modulare i servizi web secondo le aspettative di quest’ultimi. In particolare, è possibile immaginare in prima battuta 3 possibili declinazioni dei social media e di social network. Da un lato questi potrebbero essere utilizzati come strumenti facilitanti; mezzi per stimolare l’aggregazione dei cittadini in comunità d’interesse che hanno l’obiettivo di orientare le PPAA nella definizione dei servizi. Non meno rilevante è il loro impiego nel presentare contenuti e dati miscelati (mash-up). Infine, i social network potrebbero dimostrare le proprie potenzialità se impiegati come strumenti di comunicazione interni alla PA, integrati con i sistemi di gestione dei processi.
tratto da: manifestopa.pbworks.com/Il-Manifesto