di Davide Giacalone
Il gigante cinese ci guarda, ci brama, avverte sul suo enorme corpo problemi che riteneva solo nostri. Noi reagiamo in modo contraddittorio: qualche volta ci sforziamo di non guardarlo, qualche altra ci viene la tremarella, oppure favoleggiamo d’opportunità che non conosciamo. In realtà la Cina è uno di quei terreni in cui l’Italia può veder crescere il meglio di sé, ma dove si misura anche la capacità dei nostri governi. Lo Stato può fare molto per favorire la crescita della nostra ricchezza nazionale, in un’epoca in cui si deve far calare la spesa pubblica.
I cinesi sanno benissimo che l’Italia ha preziose risorse tecnologiche, ma molti sono convinti che il loro mercato sia appetibile solo per i grandi marchi del Made in Italy, cui si rivolge l’attenzione dei nuovi ricchi e il desiderio di tutti gli altri. Loro scoprono la necessità di risparmiare energia, di vivere in città più pulite, di arricchire le fabbriche con un design che dia personalità ai prodotti, ma molti di noi li considerano solo ciabattari e contraffattori di marchi. Molti sono convinti che il modello cinese si basa tutto sul basso costo del lavoro, loro, invece, non solo puntano a far salire (significativamente) i salari, ma hanno montagne di quattrini da investire e fame di tecnologia sofisticata. In queste condizioni la Cina è il mercato ideale non solo per i pezzi grossi del nostro mercato, ma anche, e direi principalmente, per l’enorme vivaio della nostra piccola e media impresa, fin qui capace di navigare i mari aperti grazie all’innovazione, all’inventiva e all’adattabilità. Non è vero che la Cina può essere penetrata solo dai colossi, ma è vero che i più piccoli non possono andare allo sbaraglio.
Lo Stato può fare molto e in questo senso si muove la rinnovata iniziativa “L’Italia degli innovatori”. Selezionare idee e prodotti da portare lontano, avendo prima selezionato interlocutori istituzionali e industriali, quindi canali privilegiati per entrare in quel mercato. In pratica: azzerare i costi necessari alla partenza per concentrarsi su quel che si può fare. Lo Stato non sovvenziona nessuno, ma fa il suo mestiere di difensore degli interessi nazionali, e le imprese affrontano il rischio senza il sovrappiù del costo fisso prima di partire.
Leggendo il China Daily si resta con un sorriso amaro: lo sviluppo rallenta. Si dicono preoccupati. Secondo la Banca Mondiale cresceranno, nel 2011, “solo” dell’8,7%. Il 2010 lo chiudono con un più 10%. Per tre anni lo hanno abbondantemente superato. Per due sfiorato. Fare un giro delle loro aziende è istruttivo: in dieci anni sono passati dal monopattino all’aeroplano. Questa è, per i nostri imprenditori, un’opportunità da cogliere, perché le nostre competenze si situano dentro la loro catena del valore. Vale per molti settori: dalla meccanica alla telematica, dal vino alla grafica. Praticamente tutto. Il governo tedesco fa avanti e indietro diverse volte l’anno, da anni. Mettiamoci al lavoro, senza chiacchiere, anche noi. Sappiamo farlo, lo abbiamo dimostrato.
In quanto ai diritti umani, capitolo irrinunciabile, meglio essere chiari: la Cina non è una democrazia perfetta (ammesso che esistano) o imperfetta, non lo è. Nelle grandi città però, gli stessi che andavano a scuola e la mattina s’inchinavano davanti al busto di Mao ora puntano ai soldi e ai consumi. Attorno alla sede dove fu fondato il partito comunista si balla e si canta, seguendo la musica occidentale, come si mangia alla cucina di tutto il mondo. L’occidentalizzazione è così impetuosa che le ragazze cercano di non sembrare cinesi. Certo, non è lo sbarco di Toqueville, ma è un miliardo di volte meglio del regime maoista. Abbiamo il dovere di non abbassare la guardia, ma anche di capire quel che succede. E a che velocità.
Si può stare dentro questo processo, cogliendone le opportunità e influenzandone lo spirito (e si può farlo, con “L’Italia degli innovatori”). Oppure ci si può rifiutare, non riuscendo a capire attraverso quale strada i cinesi siano passati dagli opifici del pratese al divenire clienti in Via Condotti o in Via Montenapoleone.
fonte: davidegiacalone.it