E’ MORTO MASSIMO CAPRARA (AGI) – Milano, 16 giu. – Massimo Caprara, per 20 anni segretario di Palmiro Togliatti, e’ morto questa mattina all’ospedale Fatebenefratelli di Milano. Politico e scrittore, nato a Napoli, si e’ spento all’eta’ di 87 anni. Per quattro legislature, a partire dal 1953, e’ stato deputato del Pci, partito da cui venne radiato nel 1969 per aver fondato con altri ‘Il Manifesto’. E’ stato redattore capo di Rinascita sotto la direzione di Togliatti e ha poi collaborato col Mondo, l’Espresso, il Tempo illustrato e Il Giornale.
Da Palmiro a Nicodemo – Confessione di un togliattiano.
di Massimo Caprara
Esiste solo qualche parola, o forse nessuna, come la parola ideologia che abbia dominato, anzi oppresso, il nostro tempo: il secolo appena passato “delle idee assassine”. Di esse non vi parlo come uno storico di professione, perché tale non sono. Vi parlo della concretezza, del mio vissuto, vi reco una testimonianza che alimenta e nutre una riflessione critica. Non è quindi la Storia, ma la mia storia: la storia di un ideale che degenera in ideologia, di come un ideale si trasforma, si corrompe, si separa dall’esperienza e diviene un sistema dogmatico, una corazza di false verità totalizzanti e assolute.
Ideologia, non succede mai niente di imprevisto
In questo senso, ideologia è contrario della realtà, contrario del Vero, suo pregiudizio, sua contrapposizione, suo non pensare. Nell’ideologia ogni passaggio è scontato. Essa è incurante dell’evidenza, è tempo senza tempo, incapacità di cercare il Vero, di riconoscerlo, di volerlo, di amarlo, ma capace solo di esecrarlo e negarlo. In uno dei maggiori suoi teorici, l’ideologia è «potere di una classe organizzata per opprimerne un’altra». Così Karl Marx nei Manoscritti economici – filosofici del 1844 e nell’Ideologia tedesca del 1846, descrive l’intrinseca violenza, prevedibile e prevista, che è la sostanza dell’ideologia. Essa è irreale, non perché non avvenga, ma perché replica se stessa, si ripete senza imprevisti, senza stupore, ma con orrore cieco. Non attende né riconosce alcun Annuncio, o Incontro o Attesa. Produce solo subordinazione e passività, perché tutto è già avvenuto o deterministicamente avverrà. Ideologia è in lotta perenne contro Ideale. Ideale e Ideologia sono infatti in lotta irrimediabile tra loro come Amicizia è il contrario di Solitudine. L’uno, cioè l’Ideale, è destinato a crescere, a procedere: chiede futuro. L’altra, l’Ideologia, ristagna, si avvita, uccide spiritualmente. Ha scritto don Giussani, al quale tutti, io credo, siamo debitori infiniti, che «l’Ideale è la dinamica in cammino della natura dell’uomo ed ad ogni passo qualcosa di esso si adempie». È giusto: qualcosa si adempie verso la Bellezza che implica consistenza etica ed estetica, che è azione e contemplazione, sentimento delle cose, coscienza amorosa di quanto ci circonda, di quanto ci avvolge, ci invade, desidera ed è desiderata. Di quanto ci stimola e ci dà libertà. Bellezza e Libertà; ossia compiutezza di sé nella dimensione del presente, è il farsi dell’uomo, l’espressione del proprio essere a contatto con la trascendenza, a contatto con gli altri da sé e con il suo superamento.
Un misticismo logico che si fa spirito totalitario
Al contrario, l’Ideologia si fa Stato, totalità superiore, unilateralità, sovranità illegittima, oppressione, sovrastruttura in cui la classe dominante sopprime la libertà a suo beneficio: borghese od operaio che sia. Persino Marx è costretto a denunziare questo procedimento, accusandolo nelle sue fondamentali Opere filosofiche giovanili, come «misticismo logico».
La Bellezza in quanto Verità è lotta, tensione continua, aspirazione verso l’eterno e l’infinito. La Bellezza, o meglio l’Estetica, rende lucido lo sguardo, lo raffina, chiarisce la mente e rende gli uomini assetati di luce. Nei suoi libri don Giussani ha fissato perle ed episodi della musica, della poesia, dell’architettura e dell’arte. Ha scritto del proprio padre e della propria madre come educatori alla Bellezza. Ha scritto della Goccia di Chopin, dello Stabat Mater di Pergolesi, del desiderio di felicità infinita nel poema Alla sua donna di Leopardi. Ha rintracciato la Bellezza nei canti popolari russi del Coro sovietico dell’Accademia di Stato. La Bellezza salva. La Bellezza è non avere paura della Verità, combattere perché essa venga alla luce, si confronti, vinca, ogni volta si riaffermi. Quanto Ideologia è palude e stagnazione, tanto Ideale o Bellezza è movimento, progresso, azione.
In un libro del 1951, Hannah Arendt scrisse che l’Ideologia «è abbandono della libertà di pensare per la camicia di forza della logica». Ideale è un agire, un fare, un manifestare, un vivere un avvenimento, un costruire, Ideale è anche contemplazione e condivisione, cammino fatto insieme alla scoperta del senso delle cose. «Se l’uomo non costruisce, come fa a vivere?» si chiede giustamente il poeta cattolico statunitense naturalizzato inglese, premio Nobel, Thomas Stearns Eliot. L’ideale è anche costruire e comunicare. Il Bello, allora, è libertà che si dilata, diviene incontro, progetto, presenza, unità. La Bellezza allora diviene esperienza collettiva del fatto cristiano, fraternità e solidarietà avvertite dalla Chiesa come fatto umano e sociale.
Sto parlando della mia vita
Se parlo con durezza, con ostinazione e contrarietà, se parlo così di Ideologia non è certo per metafisica accademica. Parlo della mia vita. Ho vissuto per oltre 25 anni all’interno di una Ideologia, in una delle sue versioni più drammatiche, attivistiche, dottrinarie. Dal 1948 al 1968 ho fatto parte del Partito comunista italiano, del suo massimo pensatoio e dirigenza ossia della Nomenklatura comunista, nella sua confessione togliattiana. Sono stato membro del suo Comitato centrale, Sindaco di Portici, Deputato alla Camera per vent’anni. In quella ideologia ho militato con convinzione, allora con calore e ardore. Ho visto da vicino, ogni giorno, il volto e la maschera di una cultura e di una Ideologia autoritaria e costrittiva, che non può essere obliterata e che lascia un segno di memoria e di trauma. Ho vissuto il male dell’Ideologia sino in fondo. Ma proprio dal fondo dell’errore, ho ricevuto una spinta, un recupero, un desiderio del bene e della Verità, ho sentito, se così posso dire, il profumo della Bellezza.
Di questo passato, io non mi assolvo. Ne vedo gli errori, le responsabilità personali e collettive, ne porto il peso materiale e morale. Non mi assolvo, ma neppure mi fustigo sterilmente. Di tutti i diritti di cui disponiamo, io non posso avere il diritto di tacere. Scrivo libri, ragiono, discuto, mi confronto per capire e giudicare, per suggerire i temi di un dialogo liberatorio, necessario e durevole.
Un passato fallito. E che minaccia il presente
Perché l’ideologia, in particolare e soprattutto quella comunista, è contraria alla Verità? Lo è per l’egualitarismo che contraddice e sopprime la libertà personale. Lo è per il totalitarismo che concentra in pochi il destino di molti. Ne vincola l’intera vita sociale, stermina il dissenso e lo reprime come inammissibile e imperdonabile. Lo è in quanto derivazione perversa e contraddittoria dal settecentesco Secolo dei Lumi. L’ideologia comunista comincia con il finto amore per l’Uomo, ma esso, nell’intelletto e nella pratica, finisce con l’orrore della vita. Io ho vissuto nel Partito impraticabili, estranianti ideali, io ho vissuto l’ideologia dell’avversione all’uomo. Mi sforzo di indurre gli altri a fare i conti con un passato che è praticamente fallito, ma non è morto. Mi batto perché esso non venga rimosso senza essere stato affrontato criticamente e senza una contestazione civile, ma implacabile. Parlo perché altri non cadano nell’errore mio e di una intera generazione. La mia rottura con l’Ideologia è stata difficile, forse lenta, sicuramente sofferta. Lottare contro l’ideologia è lottare contro la solitudine, la violenza, l’inganno. Significa prepararsi a cogliere il vero Ideale della Bellezza: la presenza irresistibile di Dio.
fonte: Tempi, numero 51 del 19 dicembre 2002