di Flavio Felice
L’economia è naturaliter per la persona perché nell’ambito di ciò che riguarda gli affari sociali non esiste che la persona. Tutto è riducibile ad essa: partito, classe, razza, corporation, nazione. Solo la persona agisce, solo la persona pensa, soffre, spera, gioisce, in defintiva, solo la persona sceglie; e l’economia è la scienza che tenta di risolvere i problemi relativi alle scelte allocative, in un mondo di risorse e conoscenze scarse.
Nel campo dell’umano tutto è riducible alla persona, dalle istituzioni più complesse – organizzazioni di uomini che cooperano (cum-petono) e concorrono (cum-corrono) – alla realizzazione di opere che, talvolta in maniera irriflessa, finiscono per trascendere nel tempo e nello spazio l’immediato ed il legittimo interesse di coloro che le hanno poste in essere, essendo il più delle volte il prodotto inintenzionale di azioni volontarie intenzionali.
Se l’economia, il discorso, l’analisi, la riflessione su di essa, non può che essere finalizzata alla persona: al suo bene ovvero al suo male e alla verità della sua unica ed irripetibile esistenza ovvero alla falsità e all’abrutimento che può giungere fino alla negazione ed al totale disprezzo della sua umanità, allora significa che la persona stessa non può fare a meno dell’economia, tanto della sua dimensione pratica (artistica) quanto della sua dimensione teorica (analitica).
La contingenza che contraddistingue la costituzione fisica e morale della persona umana, il suo essere ignorante e fallibile, imperfetto, ma perfettibile, fa dalla scienza – così come della pratica economica – uno strumento privilegiato di cooperazione, mediante il quale si attiva un processo di scoperta teso alla soluzione di umanissimi problemi allocativi. Sappiamo che, passando per la possibile conoscenza dei singoli piani personali, attraverso tentativi ed errori, da sempre le donne e gli uomini del nostro pianeta tentano di scoprire come allocare nel modo più razionale le risorse materiali ed immateriali necessariamente scarse. Scarse in termini di quantità disponibili e scarse in termini di conoscenza delle loro possibili allocazioni alternative. L’uomo necessita dell’analisi economica in quanto le sue conoscenze sono scarse e disperse e l’economia è per l’uomo in quanto si fonda sulla sua contingenza; in assenza della persona la riflessione economica d’un tratto evaporerebbe. I problemi economici sono i problemi posti dalla contingenza umana e non dalla sua pretesa ed inesistente onniscienza. Qualora l’economia potesse fare a meno dell’uomo significherebbe che i suoi assunti non sarebbero tesi alla soluzione di qualche problema, a questo punto non saremmo più di fronte ad una scienza, bensì avremmo a che fare con la pratica di qualche stravagante culto la cui liturgia si manifesterebbe nella soluzione di sofisticati esercizi matematici. È la stessa condizione umana, imperfetta ma perfettibile, che scongiura una simile deriva e restituisce all’economia la sua problematicità – dunque scientificità –, escludendo che la si possa ridurre ad un sofisticato esercizio – “gioco” – matematico; l’economia, al pari di ogni scienza, è interessata alla soluzione di problemi non di esercizi.
Dunque, un’economia per l’uomo presume in primo luogo una prospettiva antropologica di tipo relazionale ed una prospettiva epistemologica di tipo personalistico. Se si esclude la persona o se si assume come meramente strumentale la sua presenza (un elemento noto di un’equazione il cui risultato, anch’esso noto, attende solo di essere confermato risolvendo l’esercizio matematico), se la si ignora fino a farla diventare marginale, le ragioni stesse della persona (la sua dignità, la sua unicità, la sua responsabilità e la sua creatività) saranno sostituite dalle ragioni delle organizzazioni (stato, classe, razza, partito) e la persona in carne ed ossa sarà sempre disarmata di fronte a chi vorrà sacrificarla sull’altare di “forze maggiori”: il destino della storia, la supriorità di una razza, la dittatura di una classe, il dominio di una nazione e multa exempla docent.
In realtà, tali forze non esistono se non nella mente, nella volontà e nella progettualità di quelle stesse persone che credono che una razza, una nazione, una classe o un partito possano e dunque debbano valere più di altri. Il che significa abdigare al primo e fondamentale assunto delle scienze sociali: agiscono solo le singole persone e loro sarà la responsabilità; persone associate in milioni di modi diversi per perseguire milioni di finalità diverse, ma la comprensione e la spiegazioni di tali organizzazioni e di simili finalità non potranno mai prescindere dalla realtà che ad agire saranno sempre e soltanto singole persone, a volte buone, a volte cattive, parafrasando Popper, speriamo ed operiamo affinché siano sempre più le prime che le seconde.
tratto da: pensarecristiano.org