Nei sistemi sanitari efficienza vuol dire solidarietà

 di Ettore Gotti Tedeschi
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Sanità, solidarietà ed efficienza possono coesistere se si ripristina l’etica e se la responsabilità individuale del medico e il sistema sanitario fanno ciò che devono per essere efficienti. La solidarietà vera e non illusoria è conseguenza dell’efficienza, che a sua volta è frutto della competitività.

Siamo tutti convinti che un sistema sanitario debba essere della più alta  qualità, accessibile a tutti ed economico, cioè senza inefficienze e sprechi. Questi sono infatti pagati dalle fasce più deboli e indifese della popolazione. Da sempre si sente sostenere che solo un sistema pubblico garantisce qualità equa per tutti, soprattutto per i più deboli, mentre un sistema privato orientato al profitto indebolirebbe quello pubblico, non permettendo la giusta qualità per i meno abbienti. Eppure, per ragioni economiche il pubblico affida al privato parte delle prestazioni, e sulla base di tariffe che vengono tuttavia considerate inadeguate.

Per stabilire regole di efficienza che garantiscano l’indispensabile solidarietà, sembra però necessario andare oltre il nodo tariffario (anche perché così si aumenterebbero solo le uscite del settore sanitario):  si deve intervenire sulla domanda e sull’offerta di servizi, rispettivamente da parte del malato e da parte dell’ospedale e conseguentemente del medico.

Dal lato della domanda sembra esser prioritario promuovere un concetto di salute orientato alla prevenzione:  prevenire crea meno disagio all’individuo e costa meno che curare. Diffondere questo concetto di salute è compito dello Stato ed è un’educazione pubblica che va dai concetti più facili di igiene a quelli meno facili di rischio di malattia o incidente. Non è sufficiente scrivere sui pacchetti di sigarette che il fumo nuoce alla salute se poi se ne promuove la vendita. Non convince stimolare l’uso di diete per non ingrassare e dimenticare quelle più importanti, ma meno commerciali, per il diabete o le malattie cardiache. Non convincono i proclami dopo gli incidenti sul lavoro senza precisare a chi o a cosa ci si riferisce. Una prevenzione adeguata, invece, è protezione dell’uomo – il cui valore ci si ostina a non riconoscere realmente – e riduzione del costo sociale di malattie e incidenti.

Dal lato dell’offerta il primo problema da affrontare è quantitativo ed è relativo alla capacità produttiva, di fornire cioè servizi medici e letti in ospedale per evitare i casi di “sottocapacità”, ovvero di indisponibilità all’assistenza o di attese inammissibili. Questo problema si può risolvere con un ripensamento dei criteri organizzativi e con una tecnologia adeguata ai reali bisogni della popolazione.

Il secondo problema è la pura efficienza, cioè la riduzione dei costi sostenuti per i servizi sanitari. L’impressione è che finora si sia insistito sul sistema pubblico burocratizzandolo eccessivamente, riducendo la ricerca e lo stipendio dei medici. Il sistema pubblico continua a difendere la sua tutela della sanità, ammettendo poi implicitamente la sua minore efficienza nei confronti del privato dal momento che gli affida in outsourcing molte prestazioni. Ma queste gli sono delegate sulla base di tariffari che possono incentivare gli abusi costituiti dalla produzione di servizi sanitari inutili o dalla sostituzione di servizi meno costosi con altri più costosi.

È invece solo l’efficienza a garantire la solidarietà nei sistemi sanitari, e l’efficienza si ottiene riducendo i costi e aumentando la produttività. E a questa si arriva riducendo i tempi dei servizi e incrementando la redditività dei capitali investiti, evitando ovviamente gli sprechi e ottimizzando le risorse. Ma si possono sviluppare anche nuove idee innovative:  l’incremento delle cure domiciliari, la creazione di servizi specialistici accentrati di cui beneficino più ospedali in modo che questi ultimi diventino una sorta di poli di smistamento per aree geografiche, e così via. Basterebbe eliminare quelle barriere all’innovazione che sono mantenute per proteggere posizioni e impieghi.

Il terzo problema è qualitativo e si riferisce alla ricerca e alla tecnologia disponibili nelle fasi di diagnosi e di trattamento al fine di ridurre gli errori e gli incidenti. Siamo invasi da pubblicità e da richieste di donazioni, ma raramente sono diffusi bilanci sui risultati.

Ci si può infine domandare se non sia ora di avviare, prima di improbabili e lontane riforme sanitarie, più realistici provvedimenti assicurativi rivolti a tutte le fasce della popolazione, in modo tale da permettere ai pazienti di scegliere le strutture cui accedere, private o pubbliche che siano, e imponendo in questo modo criteri di competitività, che sono la premessa dell’efficienza e dell’efficacia, e pertanto anche della vera solidarietà.

 (© L’Osservatore Romano – 02 luglio 2008)

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